Un’altra competenza in Medicina: il Counselling

Quando si parla di Comunicazione in Medicina e, per quanto ci riguarda, in Pediatria ricorre spesso ormai da tempo il termine counselling, una competenza che si aggiunge a quelle ben note dei servizi socio-assistenziali, distribuiti sul territorio, ma qui con protagonista il medico. Vi é da sottolineare infatti che al giorno d’oggi anche il Medico di medicina generale ed il Pediatra devono applicare nella gestione delle relazioni con i propri pazienti e/o con le famiglie una certa qual tecnica di comunicazione, semplicemente entrando in quel ruolo individuato ed etichettato come”counselling”, ruolo divenuto sempre più importante, come propsettavano, parecchi anni fa, il Prof. Andrea Fossati e la Dott.ssa Liliana Novella  della Facoltà di Psicologia dell’Università San Raffaele di Milano. Il ruolo del “counsellor” deve perciò essere ricoperto soprattutto da chi è capace di sviluppare una comunicazione o relazione con i pazienti per portarli ad arrivare all’auto-consapevolezza della propria condizione, quindi alla sua accettazione ed alla condivisione delle terapie e dei trattamenti  proposti. Molti sono gli aspetti del counselling e la Recordati OTC vi ha dedicato molti anni fa alcuni volumetti dedicati ai diversi aspetti di questo tipo di comunicazione in campo medico. Così il medico di base, come il pediatra possono sviluppare meglio le relazioni interpersonali che la pratica professionale quotidiana riserva loro. Ma qui occorre la conoscenza dei suoi fondamentali teorici e tecnici, l’esperienza, la capacità di ascolto e una buona dose di empatia verso gli altri (parola che dal greco significa “sentire dentro”, quindi provare empatia verso gli altri significa “mettersi al loro posto” per comprenderli meglio); ecco perché  si deve aggiungere una buona comunicazione purché supportata dal desiderio di prendersi cura del paziente, bambino o adulto che sia. Il termine inglese “counselling” significa “dare consigli” (dal verbo to counsel) ma nella realtà con questo termine non si intende né fornire consigli, né dare semplici informazioni, né persuadere, quindi tanto meno consigliare… I consigli spesso non sono ascoltati e non hanno successo se non motivati adeguatamente e qualora il paziente non venga guidato lungo un percorso che esamini dettagliatamente la situazione e i suoi comportamenti spesso problematici, in modo da destare un cambiamento nel paziente, con scelte da lui stesso proposte e decise. In questo modo il counsellor raggiunge l’obiettivo del suo ruolo, perché non ha fornito   indicazioni dirette al paziente  che invece sono state solo da lui  approvate con la rassicurazione sull’esito positivo della sua patologia o delle terapie effettuate. Per raggiungere una adeguata competenza occorre dunque una adeguata formazione dei medici in quanto si tratta di una competenza aggiunta, in grado di qualificarne la professionalità stessa. La British Association for counselling (BAC), molti anni fa, definiva il counselling : “un uso della relazione abile e strutturato che sviluppi negli altri l’auto-consapevolezza, l’accettazione delle emozioni, la crescita e le risorse personali. Esso mira alla definizione con relativa soluzione di problemi specifici, alla presa di decisioni, ad affrontare i momenti di crisi, a confrontarsi con i propri sentimenti ed i propri conflitti interiori oppure a migliorare le relazioni con gli altri. Il ruolo del counsellor è quello di incoraggiare facilitando il lavoro e la collaborazione del paziente soprattutto rispettandone i valori, le risorse personali e la capacità di autodeterminazione”. In altre parole, quindi, attraverso il dialogo e l’interazione il counselling aiuta le persone ad aiutarsi.

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